Questa settimana sono orgoglioso di dare il benvenuto nel salottino virtuale di AmazingComics.it ad uno dei miei disegnatori preferiti: Roberto De Angelis. Ciao Roberto! Che ne diresti di parlarci un po’ di te?

Nato a Napoli il 16/12/1959 ma la maggior parte della mia vita l’ho trascorsa a Salerno, che tutt’oggi considero la mia vera “patria”. Il mio percorso professionale è stato abbastanza normale, almeno se si considera il periodo (primi anni 80); quindi fanzines, studi di produzione, fumetti, dove si faceva un po’ di tutto dal fumetto rosa per adolescenti, al fumetto hard, anche questo per adolescenti presumo. Comunque il vero salto di qualità è arrivato con Splattere Mostri, due riviste edite da Francesco Coniglio di chiara ispirazione horror. Per molti versi tranne ovviamente il taglio estremo delle storie, erano piuttosto simili per tecnica, regia e divisione della pagina alle pubblicazioni della Bonelli, dove approdai nel 1989, quindi dopo quasi due lustri di gavetta.

Da dieci anni sei uno degli artisti di punta dello staff di Nathan Never, da sette, poi, ne sei anche copertinista regolare. Ci puoi parlare degli anni che hanno preceduto la tua consacrazione come disegnatore delle gesta dell’agente Alfa?

A Nathan Never mi ci sono avvicinato con grande passione, quella che nasceva dall’amore che avevo (e fortunatamente ancora ho) per la fantascienza, ma anche con un pizzico di presunzione: credevo di saper disegnare un genere tanto delicato. Diamine, i miei disegnatori preferiti erano quasi tutti di maestri del genere. Ma alla prova dei fatti, la mia formazione “argentina”, si è rivelata molto lontana da quello che desiderava il trio Medda Serra e Vigna. Quindi il mio noviziato a Nathan è stato caratterizzato dallo studio di stili più freddi e puliti (Giap, ovviamente). Non è stato un male , anzi, ho scoperto disegnatori straordinariamente espressivi e tecnica narrativa impeccabile (certo il merito è anche della lunghezza tipica dei fumetti made in Giappone).

A che età ti sei detto: “da grande voglio fare il fumettista?” e come hai perseguito questo obiettivo che appare davvero molto difficile da coronare? Sei completamente autodidatta oppure hai seguito dei corsi di fumetto?

Avrò avuto circa 20 anni (quindi piuttosto tardi), e alla decisione di fare “fumetto” ci sono arrivato un po’ per caso, come quasi tutti i miei colleghi. L’unico modo che conosco per raggiungere questo obiettivo (ma direi più in generale qualunque obiettivo) è lavoro, lavoro e ancora lavoro… nella solitudine della mia camera, visto che sono completamente autodidatta.

Quando si parla di Roberto De Angelis non si può fare a meno di citare la “scuola salernitana”. Un gruppo di notevolissimi artisti della matita che, mensilmente, contribuisce al successo di numerose testate dell’editore di Via Buonarroti. Ci puoi parlare del legame che ti unisce ad artisti del calibro di Brindisi, Dalla Monica e compagnia?

Abbiamo fatto un bel pezzo di strada fianco a fianco, abbiamo condiviso passioni e speranze e studi (quei posti dove si lavora, non quegli altri, quelli scolastici). Ci siamo divertiti un mondo a fare fumetti non proprio per palati fini e neanche ben pagati. Abbiamo vissuto e apprezzato i nostri reciproci sforzi per trovare uno spazio in un mondo che neanche allora era tanto generoso in fatto di opportunità. Insomma siamo amici.

Spulciando tra le tue note biografiche, ho scoperto che alla Bonelli inviasti delle prove per entrare a far parte dello staff di Nick Raider. Come finisti, invece, a lavorare per Nathan Never?

Solo perché all’epoca Nick Raider era l’ultima creatura di casa Bonelli, quindi mi sembrò sensato immaginare che fosse la più bisognosa di nuovi disegnatori. Comunque le mie prove finirono insieme a tante altre in un archivio che fu riaperto per selezionare un gruppo di nuovi disegnatori da inserire in un nuovo staff in via di definizione per una nuova serie di fantascienza. Feci tavole di prova di questo personaggio malinconico e introverso, che si muoveva in un universo altamente tecnologico e disumanizzante: Nathan Never. Furono considerate soddisfacenti ed eccomi qua.

E’ stato arduo il passaggio (anche se solo psicologico) dall’ambientazione metropolitana di NR a quella fantascientifica ed ultratecnologica di NN?

Come ho detto, di Nick Raider ho fatto solo poche tavole, e più per opportunismo che per vero interesse per il genere poliziesco-metropolitano.

Rimanendo in argomento “ultratecnologia” deve ammettere che ti considero come uno degli autori più bravi nel mostrare ambientazioni future e strumentazioni sofisticate e fantascientifiche. A quali fonti attingi per documentarti?

In passato guardavo molte pubblicazioni di architettura, disegni, gadget elettronici e via discorrendo. Ma poi ho capito che questa strada non paga. Vedi, più una forma è credibile, più rapidamente invecchierà e non esiste nulla di peggio di una fantascienza che nasce con un design già datato. Personalmente oggi preferisco disegnare strutture che tendono a sottrarsi a questa impietosa legge, senza (spero) snaturare la serie, Più in generale tento di applicare la lezione del cinema espressionista il cui fine non era quello di mostrare le cose come sono, ma il loro “aspetto latente”, quella qualità che permette di cogliere la catena di sensazioni che un dato oggetto emana e che resta ben nascosto dal suo aspetto esteriore. Facciamo un esempio: in Fenice dovevo disegnare un palazzo che svettava sulla città, imponente e austero. Era la sede della Connery. Ora, secondo me, un edificio moderno non era adatto a veicolare questo genere di sensazioni, così decisi di dare alla Connery una sede che fosse a metà strada tra il monumentalismo fascista e il rigore formale dell’architettura nord europea. Il tutto ingigantito a dismisura , tanto che le alte torri illuminate che la circondavano sembrassero devoti in processione, ai piedi di un qualche santuario. Quella vignetta resta per me la migliore che abbia mai fatto.

Perché ti piace disegnare le avventure di Nathan Never?

Per tutto quello che fin qui abbiamo detto.

La tua prima storia per NN, se si esclude il prezioso “numero zero”, fu una doppia avventura presentata sui numeri 11/12 della collana regolare. Che ricordi ti riporta in mente quella tua prima doppia storia?

Domanda insolita per un noto smemorato come me. Diciamo che a riguardarla oggi mi rendo conto che molto tempo è passato. Non invano fortunatamente.

Qual è la storia di NN nella quale senti di esserti espresso al meglio della tua arte (personalmente ritengo che tu abbia dato il meglio di te stesso nella doppia avventura pubblicata nei numeri 76 e 77 – “Fenice” e “La signora della Morte”)?

Si, proprio quelle due.

In una recente intervista rilasciata da Antonio Serra mi ha molto sorpreso una sua dichiarazione riguardo il primo albo gigante dedicato all’agente Alfa. Sostanzialmente Serra sosteneva di essere molto sorpreso dall’enorme gradimento che i lettori avevano dimostrato per quella storia; una storia che lui aveva scritto senza troppa ispirazione e che tu avevi disegnato in fretta e furia. Condividi l’opinione di Antonio Serra?

Non so dirti con quale spirito Antonio abbia scritto “Doppio Futuro” ma posso confermare che, in effetti, è stata disegnata con una certa fretta. Anzi sarebbe più corretto dire che la prima parte, quella con i retini adesivi, ( ora c’è il computer ) ha richiesto così tanto tempo da costringermi a fare i salti mortali per finire la seconda parte nei tempi stabiliti.

Dal numero 60 sei diventato anche il copertinista regolare della collana, è stato duro succedere a Claudio Castellini?

No.

Di te si dice che sia un disegnatore molto rapido … quanto tempo impieghi per realizzare una copertina? Quanto ne impieghi per disegnare una tavola? E, concludo il mio trittico di domande, quanto ne impieghi per realizzare un albo completo?

Copertina in circa due giorni, tavole in un giorno, storia il numero di pagine moltiplicato per i giorni lavorativi.

Disegnare una tavola o disegnare una copertina. Hai un approccio diverso – magari dovuto alla consapevolezza che l’una è in bianco e nero e l’altra a colori – oppure per te non c’è differenza?

La copertina ha l’ingrato compito di racchiudere in una sola immagine il senso generale della storia contenuta nell’albo, quindi richiede un approccio specifico. La composizione dell’immagine assume grande importanza e l’uso del colore permette di descrivere l’atmosfera desiderata. Anche sul piano tecnico una copertina si differenzia in modo sostanziale dalla tavola in b/n. Avere a disposizione un intera scala cromatica ti spinge a limitare l’uso del nero di inchiostro.

In rete si parla molto dei prossimi sconvolgimenti che riguarderanno l’universo di Nathan Never. Di te si sa che sarai coinvolto nella realizzazione di una tripla avventura. Ci puoi rivelare qualche indiscrezione inerente la trama? Per quando è prevista – orientativamente – la data di pubblicazione?

Mi sa che questa domanda deve essere girata ad Antonio (Serra) o a Stefano (Vietti).

Hai mai avvertito un senso di stanchezza dovuto all’esserti dedicato, quasi ininterrottamente per un decennio, sempre allo stesso personaggio? Hai mai avvertito l’esigenza di dedicarti a qualcosa di diverso?

Si, pensavo di dedicarmi alla meccanica quantistica, ma sai com’è il mondo della ricerca,… se non conosci qualcuno…che vuoi farci, è una vitaccia.

Quali sono i tuoi strumenti di lavoro?

Micromine 0,5 HB o H delle più svariate marche, pennini Perry & Co, inchiostro Pellikan, Pennelli Da Vinci Maestro, ma solo per campiture, sfumature e rifiniture varie. La carta è Fabriano F4 ma anche LR . A volte, quando voglio un supporto più nobile, Canson da 280 g. di cotone. Il formato dipende dalle dimensioni di stampa. Per la serie regolare uso un 20 X 30

Da un punto di vista puramente creativo, qual è il tuo approccio al foglio da disegno? Cominci con lo schizzare sulla tavola le indicazioni dello scrittore, procedendo via via ad affinare gli schizzi oppure hai un metodo diverso?

Il primo.

Che consiglio ti sentiresti di dare ai giovani aspiranti disegnatori?

Una volta che ce l’avrete fatta state lontano dagli intervistatori.

Per me credo proprio che sia tutto, vuoi aggiungere qualcosa?

Quanto mi pagate?